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Fiducia in Dio, ricchezza ed elemosina

Il giusto uso delle ricchezze, mutate, per buona volontà del servo fedele, in altrettanti tesori del Cielo. I tesori della terra non durano. Ma i tesori del Cielo sono eterni. Avete in voi l'amore a ciò che è vostro? Vi fa pena il morire perché non potete più curare i vostri beni e li dovete lasciare? E allora trasponeteli in Cielo! Voi dite: "Nel Cielo non entra ciò che è della terra e Gesù ci ha insegnato che il denaro è la cosa più lurida della terra. Come possiamo allora trasportarlo in Cielo? ". No. Non potete portare le monete, materiali quali sono, nel Regno dove tutto è spirito. Ma potete portare il frutto delle monete.
  Quando voi date ad un banchiere il vostro oro, perché lo date? Perché lo faccia fruttare. Non ve ne private certo, sebbene momentaneamente, perché egli ve lo renda tal quale. Ma volete che su dieci talenti egli ve ne renda dieci più uno, o più ancora. Allora siete felici e lodate il banchiere. Altrimenti dite: "Costui è un onesto, ma è uno sciocco". E se poi, invece dei dieci più uno, ve ne dà nove dicendo: "Ho perduto il resto", voi lo denunciate e lo gettate in prigione. Cosa è il frutto del denaro? Semina forse il banchiere i vostri denari e li annaffia per farli crescere? No. Il frutto è dato da un accorto maneggio di affari, di modo che, e con ipoteche e con prestiti a interesse, il denaro si aumenti dell'aggio giustamente richiesto per il favore dell'oro prestato. Non è così?

Ora dunque udite. Dio vi dà le ricchezze terrene. A quali molte, a quali appena quante necessitano al vivere, e vi dice: "Ora a te. Io te le ho date. Fai di questi mezzi un fine quale il mio amore lo desidera per tuo bene. Io te le affido. Ma non perché tu te ne faccia un male. Per la stima che ho in te, per riconoscenza dei miei doni, tu fa' fruttare, e per questa vera Patria, i tuoi beni.

Ed ecco il metodo per giungere a questo fine.

 

Non vogliate accumulare i vostri tesori sulla terra, vivendo per essi, essendo crudeli per essi, essendo maledetti dal prossimo e da Dio per essi. Non merita.

Sono sempre insicuri quaggiù. I ladri possono sempre derubarvi. Il fuoco può distruggervi le case. Le malattie delle piante o delle mandre sterminarvi greggi e frutteti. Quante cose insidiano i beni! Siano essi immobili e inattaccabili, come le case e l'oro; o siano soggetti ad essere lesi nella loro natura, come tutto quanto vive, come sono i vegetali e gli animali; e persino siano le stoffe preziose, possono essere soggetti a menomazione. Il fulmine sulle case, e le fiamme e le acque; e i ladri, la ruggine, la siccità, i roditori, gli insetti sui campi; il capostorno, le febbri, le scosciature, le morve negli animali; le tignole e i topi nelle stoffe preziose e nei mobili pregiati; l'erosione delle ossidazioni nei vasellami, e lumiere, e cancelli artistici; tutto, tutto è soggetto a menomazione. Ma se voi di tutto questo bene terreno fate un bene soprannaturale, ecco che esso è salvo da ogni lesione del tempo, degli uomini e delle intemperie. Fatevi delle borse in Cielo, là dove non entrano ladri e dove non accadono sventure. Lavorate con l'amore misericordioso verso tutte le miserie della terra. Accarezzate, sì, le vostre monete, baciatele anche, se volete, giubilate per le messi che prosperano, per i vigneti carichi di grappoli, per gli ulivi che si piegano sotto il peso di infinite ulive, per le pecore dal fecondo seno e dalle turgide mammelle. Fate tutto ciò. Ma non sterilmente. Non umanamente. Fatelo con amore e ammirazione, con godimento e calcolo soprannaturale. "Grazie, mio Dio, di questa moneta, di queste messi, di queste piante, di queste pecore, di questi commerci! Grazie, pecore, piante, prati, commerci, che mi servite così bene. Siate benedetti tutti, perché per tua bontà, o Eterno, e per vostra bontà, o cose, ecco che io posso fare tanto bene a chi ha fame, a chi è ignudo, senza tetto, malato, solo... Lo scorso anno feci per dieci. Quest'anno - poiché, per quanto io abbia dato molto in elemosina, ho maggior denaro e più pingui sono i raccolti e numerosi i greggi - ecco che io darò due, tre volte, quanto diedi lo scorso anno. Perché tutti, anche i derelitti di ogni bene loro proprio, godano della mia gioia e benedicano, con me, Te, Signore eterno". Ecco la preghiera del giusto. Quella preghiera che, unita all'azione, trasporta i vostri beni in Cielo, e non solo ve li conserva eternamente, ma ve li fa trovare aumentati dei frutti santi dell'amore.

Abbiate il vostro tesoro in Cielo per avere là il vostro cuore al disopra e al di là del pericolo che non solo l'oro, le case, i campi, le greggi possano subire sventura, ma che sia insidiato il vostro stesso cuore e derubato, corroso, bruciato, ucciso dallo spirito del mondo. Se così farete avrete il vostro tesoro nel vostro cuore perché avrete Dio in voi fino al giorno beato in cui voi sarete in Lui.

 

Però, per non diminuire il frutto della carità, badate di essere caritatevoli con spirito soprannaturale. Conservate il bene che fate dalla violazione del senso del mondo, conservatelo vergine da umana lode. Non profanate la rosa profumata, vero incensiere di profumi grati al Signore, della vostra carità e del vostro agire buono. Profana il bene lo spirito di superbia, il desiderio di esser notati nel fare il bene e la ricerca della lode. La rosa della carità allora viene sbavata e corrosa dai lumaconi viscidi dell'orgoglio soddisfatto, e nell'incensiere cadono fetide paglie della lettiera su cui il superbo si crogiola come bestia ben pasciuta. Oh! quelle beneficenze fatte per esser citati! Ma meglio, meglio non farle affatto! Chi non fa pecca di durezza. Chi fa, facendo conoscere e la somma data e il nome di chi l'ha avuta, e mendicando la lode, pecca di superbia col rendere nota l'offerta, ossia dice: "Vedete quanto io posso?", pecca di anticarità perché mortifica il beneficato col rendere noto il suo nome, pecca di avarizia spirituale volendo accumulare lodi umane... Paglie, paglie, non di più che paglie. Fate che vi lodi Dio coi suoi angeli.
 

Voi, quando fate elemosina, non suonate la tromba davanti a voi per attirare l'attenzione del passante ed essere onorato come gli ipocriti, che vogliono l'applauso degli uomini e perciò fanno elemosina solo là dove possono essere visti da molti. Anche questi hanno già avuto la loro mercede e non ne avranno altra da Dio. Voi non incorrete nella stessa colpa e nella stessa presunzione. Ma quando fate elemosina non sappia la vostra sinistra quel che fa la destra, tanto nascosta e pudica è la vostra elemosina, e poi dimenticatevene. Non state a rimirarvi l'atto compiuto, gonfiandovi di esso come fa il rospo, che si rimira coi suoi occhi velati nello stagno e che, posto che vede riflessi nell'acqua ferma le nuvole, gli alberi, il carro fermo presso la riva, e vede lui così piccino rispetto a quelli così grossi, si empie d'aria fino a scoppiare. Anche la vostra carità è un nulla rispetto all'Infinito che è la Carità di Dio, e se voleste divenire simili a Lui e rendere la vostra carità piccina, grossa, grossa, grossa per uguagliare la sua, vi empireste di vento d'orgoglio e finireste per perire. Dimenticatevene. Dell'atto in se stesso dimenticatevene. Vi resterà sempre presente una luce, una voce, un miele, e vi farà luminoso il giorno, dolce il giorno, beato il giorno. Perché quella luce sarà il sorriso di Dio, quel miele la pace spirituale che è ancora Dio, quella voce la voce del Padre-Dio che vi dirà: "Grazie". Egli vede il male occulto e vede il bene nascosto, e ve ne darà ricompensa.

Dio vi darà ricompensa anche se voi non gli chiedete premio per il bene fatto. Ma voi non fate il bene per avere ricompensa, per avere una mallevadoria per il domani. Non fate il bene misurato e trattenuto dalla tema: "E poi, per me, ne avrò ancora? E se non avrò più nulla chi mi aiuterà? Troverò chi mi fa ciò che ho fatto? E quando non potrò più dare, sarò ancora amato?".

Meditate: Gesù ha avuto amici potenti fra i ricchi e amici fra i miseri della terra. E in verità  non sono stati gli amici potenti i più amati. Andava da quelli non per amore di Se e per suo utile. Ma perché da essi poteva avere molto per chi non aveva nulla. Gesù era povero. Non aveva nulla. Gesù avrebbe voluto avere tutti i tesori del mondo e mutarli in pane per chi aveva fame, in tetto per chi era senza tetto, in vesti per chi era ignudo, in medicine per chi era malato. Voi direte: "Gesù poteva guarire". Sì. Questo ed altro poteva. Ma non sempre era la fede negli altri, e Gesù non avrebbe potuto fare ciò che faceva e che avrebbe voluto fare se non avesse trovato della fede nei cuori per Lui. Gesù avrebbe voluto beneficare anche quelli che non avevano fede. E posto che non chiedevano il miracolo al Figlio dell'uomo avrebbe voluto, da uomo ad uomo, dar loro soccorso. Ma non aveva nulla. Per questo Gesù tese la mano a chi aveva e chiedeva: "Fammi la carità, in nome di Dio". Ecco perché Gesù ebbe amicizie anche in alto. Quando Gesù non fu più sulla terra, ancora vi furono i poveri, ed Gesù non ci sarà né a compiere miracolo per chi ha fede, né a fare elemosina per portare alla fede. Ma allora i suoi amici ricchi avranno imparato, al suo contatto, come si fa a beneficare, e i suoi apostoli avranno, pure dal suo contatto, imparato a elemosinare per amore dei fratelli. E i poveri avranno sempre un soccorso.
 

E perciò ricordate: non siate troppo solleciti per tema di avere poco. Avrete sempre il necessario. Non siate troppo preoccupati pensando al futuro. Nessuno sa quanto futuro ha ancora davanti. Non siate in pensiero per quello che mangerete per sostenervi nella vita, né di che vi vestirete per tenere caldo il vostro corpo. La vita del vostro spirito è ben più preziosa del ventre e delle membra, vale molto più del cibo e del vestito, così come la vita materiale è più del cibo e il corpo più della veste. E il Padre vostro lo sa. Sappiatelo dunque anche voi. Guardate gli uccelli dell'aria: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, eppure non muoiono di fame perché il Padre celeste li nutre. Voi uomini, creature predilette del Padre, valete molto più di loro. Chi di voi, con tutto il suo ingegno, può aggiungere alla sua statura un sol cubito? Se non riuscite ad alzare la vostra statura neppure di un palmo, come potete pensare di mutare le vostre condizioni future, aumentando le vostre ricchezze per garantirvi una lunga e prospera vecchiaia? Potete dire alla morte: "Tu mi verrai a prendere quando io vorrò"? Non potete. A che, allora, preoccuparvi del domani? E perché avere tanta pena per tema di rimanere senza vesti? Guardate come crescono i gigli del campo: non faticano, non filano, non vanno dai venditori di panni a fare acquisti. Eppure vi assicuro che nemmeno Salomone con tutta la sua gloria fu mai vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste così l'erba del campo, che oggi è e domani serve a scaldare il forno o a pasturare il gregge e finisce in cenere o in sterco, quanto più provvederà voi, figli suoi. Non siate gente di poca fede. Non vi angosciate per un futuro incerto, dicendo: "Quando sarò vecchio come mangerò? Che berrò? Come mi vestirò?". Queste preoccupazioni lasciatele ai gentili che non hanno l'alata certezza della paternità divina. Voi l'avete e sapete che il Padre sa i vostri bisogni e che vi ama. Fidate dunque in Lui. Cercate prima le cose veramente necessarie: la fede, la bontà, la carità, l'umiltà, la misericordia, la purezza, la giustizia, la mansuetudine, le tre e le quattro virtù principali, e tutte, tutte le altre ancora, di modo da essere amici di Dio e di avere diritto al suo Regno. E vi assicuro che tutto il resto vi sarà dato per giunta senza che neppure lo chiediate. Non vi è ricco più ricco del santo, e sicuro più sicuro di esso. Dio è col santo. Il santo è con Dio. Per il suo corpo non chiede, e Dio lo provvede del necessario. Ma lavora per il suo spirito, ed a questo Dio dà Se stesso, qui, e il Paradiso oltre la vita. Non mettetevi dunque in pena per ciò che non merita la vostra pena. Affliggetevi di essere imperfetti, non di essere scarsi di beni terreni. Non crucciatevi per il domani. Il domani penserà a se stesso, e voi ad esso penserete quando lo vivrete. Perché pensarvi da oggi? Non è già abbastanza piena dei ricordi penosi di ieri, e dei pensieri crucciosi di oggi, la vita, per sentire bisogno di mettervi anche gli incubi dei "che sarà?" del domani? Lasciate ad ogni giorno il suo affanno! Ve ne saranno sempre più di quante ne vorremmo di pene nella vita, senza aggiungere pene presenti a pene future! Dite sempre la grande parola di Dio: "Oggi". Siete suoi figli, creati secondo la sua somiglianza. Dite dunque con Lui: "Oggi".

PREGHIERA

Io ti benedico, o Padre,

ed invoco la tua Luce

per coloro che piangono

fra le nebbie della vita.

​

Io ti benedico, o Padre,

ed invoco la tua Forza

per chi è come pargolo

bisognoso di chi lo sostenga.

 

Io ti benedico, o Padre,

ed invoco il tuo Amore

perché smemori da ogni altra cosa,

che non sia Te,

per tutti coloro che in Te troverebbero,

e non sanno crederlo, ogni loro bene,

qui e nel Cielo.

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